Natura morta fantastica, 1960-70 ca., china acquerellata su carta, cm 24 x 34.

Possiamo inserire quest’opera all’interno di una serie di soggetti che tendono a mettere in relazione elementi naturali ed elementi meccanici procedendo per sovrapposizione e non per intersezione delle forme, rendendo così più scoperto il confronto tra il mondo della macchina e quello della natura, in questo caso dell’animale marino. La composizione, nella quale l’aragosta campeggia davanti a una delle macchine “inutili” che popolano i dipinti del Simbolismo meccanico, può anche essere intesa come una variante del genere natura morta.
Catarsini giustappone l’oggetto animato a quello inanimato e, nel contrasto evidente tra natura e artificio umano, rivela il punto di contatto e di contraddizione fra l’armatura del crostaceo e le lamine ferrose della macchina, forse alludendo all’inutile e fragile tentativo della natura di contrapporsi ai congegni creati dall’uomo.
Si noti la definizione precisa e puntuale dell’anatomia dell’aragosta, resa attraverso il fitto tratteggio, le punti- nature e le mezze tinte acquerellate, anche nell’ombra proiettata sul piano che aumenta l’effetto di tridimensionalità e rivela la sua abilità grafica. Questa precisione tecnica va intesa non tanto come ricerca del virtuosismo, ma come predisposizione alla resa del dato naturale – che viene direttamente dal naturalismo ottocentesco, cioè dalle radici del suo temperamento – e che, attraverso un continuo processo di affinamento, mette ora in rilievo la funzione della tecnica nell’operare artistico. L’artificio tecnico, cioè, appare ora funzionale al disvelamento del ruolo dell’arte. La tecnica è sempre al servizio dell’artista, che la usa per esprimere il proprio pensiero.