Tre figure fantastiche, 1960, firmati e datati “Alfredo Catarsini/1960”:
Figura fantastica seduta, 1960, china su carta, cm 37 x 26; Animale fantastico, 1960, china e acquerello su carta, cm 37 x 25; Figura fantastica, 1960, china su carta, cm 35 x 20.

Fra 1957 e 1958, Catarsini espone frequentemente a Firenze, dove è premiato ai concorsi organizzati dalla Società Belle Arti e Circolo degli Artisti fiorentino, vince il Premio Olivetti al III Concorso Nazionale del Ritratto Contemporaneo alla Casa di Dante ed espone alla prima rassegna I Maestri e i Pittori Toscani Contemporanei alla Galleria d’Arte Moderna.
A Roma, invece, è annoverato fra i soci dell’Accademia Tiberina e il presidente Gronchi lo nomina Cavaliere della Repubblica nel 1959, quando è presente alla VIII Quadriennale d’arte e riceve una medaglia d’oro alla Mostra Internazionale d’Arte Figurativa al Palazzo delle Esposizioni.
A partire dal 1960, la sua creatività comincia a fondere la ricerca simbolico-meccanica con un’originale vena surrealista, come si può notare nelle due figure femminili che evidenziano l’attenzione verso la figura della donna, spesso rappresentata come prigioniera e vittima della macchina e dell’ingranaggio.
L’anatomia meccanica del corpo femminile che caratterizza i due disegni laterali appare, dunque, come un’ulteriore declinazione dell’idea della donna che viene a tal punto travolta dalla tecnologia da trasformarsi in organismo meccanico capace di atteggiarsi con movenze tipicamente femminili. In lui, la femminilità è vissuta simbolicamente come principio assoluto di umanità, anche quando viene rappresentata con un linguaggio caricaturale dal tono ironico e scherzoso, quasi fosse un divertissement o l’ostentata banalizzazione di un tema etico che gli appariva, invece, fondamentale. Secondo Dino Carlesi, questa “fantameccanica” evidenzia “(…) la gravità di una società che andava affidandosi alla materialità distruttiva della macchina, ai suoi ingranaggi paurosi, ai suoi congegni, provocando all’uomo mortificazioni e alienazioni in luogo di liberarlo e di esaltarlo.” (1) Lo stesso discorso può valere anche per la figura dell’animale che occupa la parte centrale del trittico, nella quale è più evidente, anche per le caratterizzazioni cromatiche del disegno, l’influenza di Aldemir Martins, pittore brasiliano premiato alla Biennale del 1956 e da lui ospitato a Viareggio nel 1960. L’artista, stimolato dalla novità della capacità d’immaginazione figurativa di Martins, realizzerà una serie di opere a china e acquerello, con figure umane e animali fantastici, caratterizzati da deformazioni e stilizzazioni meccaniche e dal tratto innovativo rispetto alle sue consuete modalità espressive.

  1. Carlesi 2000, pp. 13-29.
    Esposizioni recenti: Forte dei Marmi, Esplorazioni 2021.