Composizione astratta, 1950, china acquerellata su carta, cm 49 x 34,5, firmato e datato in basso a sinistra “A. Catarsini/ 950”.

Negli ultimi anni Quaranta, Catarsini si avvicina anche all’astrazione. Non sono molte le sue opere non oggettive e questa Composizione esposta in mostra è una delle prime prove nelle quali si misura con l’astrazione geometrica, che verrà ripresa verso il 1970 con venature vagamente surrealiste, quasi come divagazione del suo Simbolismo meccanico. Il suo percorso, infatti, non è fatto di periodi che si concludono ma, piuttosto, di scelte linguistiche che rispondono all’esigenza interiore del momento, anche se sempre coerentemente legate al proprio nucleo figurativo centrale. Egli guardò con attenzione e curiosità alle diverse esperienze espressive per poi assorbirle nel tempo, con naturalezza, distillandole e quasi purificandole, creando un proprio stile. Come ricordava lo stesso pittore “L’arte è più forma che contenuto, il soggetto non è che un pretesto, la forma deve resistere all’indagine del tempo (…) non esiste il problema di passare dall’astratto al figurativo e viceversa, per l’artista è lo stesso (…)”. (1)
Nella sua produzione è possibile individuare l’inizio di una determinata scelta figurativa, ma raramente se ne può individuare la conclusione. La data in cui si aprono per lui nuove prospettive può sicuramente essere il 1948 con la sua partecipazione alla XXIV Biennale veneziana, che registrò la presenza, ormai matura e qualificata del Fronte Nuovo delle Arti, proiettata nel contesto internazionale, che presentò il Manifesto del Neo cubismo. Le suggestioni che da quel clima venivano lo spinsero a cercare inedite forme di espressione del sentimento, riuscendo a trarre dalla visione diretta delle opere più innovatrici – viste anche al Gran Premio Forte dei Marmi – quegli stimoli che lo condussero, con maggiore coscienza del proprio operare, verso percorsi che aveva già prefigurato con le sperimentazioni “riflessiste”.
Le linee ortogonali, le figure geometriche, i cerchi e i rettangoli che vediamo in quest’opera, le ritroviamo nei dipinti del Simbolismo meccanico realizzati fra anni Sessanta e Settanta, mentre i segni e le tracce più informali sono confrontabili con le pennellate con cui intesse la trama dei suoi paesaggi marini o gli sfondi delle sue fi- gure.
Anche la bidimensionalità geometrica della composizione astratta viene equilibrata dalla profondità ottenuta attraverso i mezzi toni, i tratteggi a inchiostro e le sfumature dell’acquerello a ulteriore dimostrazione che la scelta tecnica in lui è sempre funzionale all’esito espressivo.
Con la riduzione del colore al bianco e nero, sembra che l’autore voglia arrivare alla struttura essenziale del reale, per astrazione appunto, portando alle estreme conseguenze le sue abituali modalità operative, che coniugano geometrizzazione prospettica e libertà della pennellata, in un processo di purificazione dell’oggetto naturale che arriva alla sua sintesi geometrica.

  1. A. Serafini, L’intervista, in Alfredo Catarsini 1991, p. 34.