Il grano della bonifica lucchese, 1940, olio su tela, cm 233 x 300, firmato in basso a destra: “ACatarsini”. Il lembo inferiore della tela con la firma è stato forse aggiunto successivamente.

Nel 1939, Catarsini inviò a Cremona il Discorso del Duce ascoltato alla radio dai paesani di un villaggio – 2 0ttobre XIII, titolo successivamente abbreviato in I rurali ascoltano, una grande composizione che gli consentiva di esprimere, oltre alle sue doti di paesaggista, anche quelle di pittore di gruppi di figure, capace di dominare vaste superfici dipinte. All’esposizione cremonese dell’anno successivo, dedicata a La Battaglia del grano, partecipò ancora con Il grano della bonifica lucchese. Egli fu l’unico artista toscano a presenziare a tutte le tre edizioni della rassegna, dal 1939 al 1941 e, insieme al senese Bonci, l’unico ad ottenervi un riconoscimento. (1)
Questo successo contribuì a spingere molti pittori della regione a inviare dipinti al concorso cremonese dell’anno successivo, passando dalle quattro presenze del 1939 alle venti del 1940.
Anche se non vinse alcun premio, il dipinto fu apprezzato sia in Italia sia ad Hannover, dove fu esposto lo stesso anno nell’ambito del gemellaggio culturale fra le due città.
Il Premio Cremona del 1940 si prestava ad ampie aperture naturalistiche, nelle quali il popolo poteva essere rappresentato mentre partecipava con entusiasmo al lavoro nei campi, protagonista e combattente instancabile di una battaglia che attraversava le campagne italiane, affiancando le imprese belliche di una nazione che aveva fatto il suo ingresso in guerra il 10 giugno dello stesso anno. L’argomento dell’esposizione, dettato da Mussolini, non era una novità. La Battaglia del grano era stata la prima vera grande impresa propagandistica di massa del regime fascista che, dal 1925, aveva iniziato una poderosa campagna di persuasione attraverso i cinegiornali dell’Istituto Luce, le fotografie, le cartoline, i calendari e le illustrazioni dell’epoca.
Insistendo sul soggetto più universale del lavoro e sui suoi valori simbolici, l’argomento consentiva di idealizzare la figura del bracciante. Il contadino erculeo e statuario, già celebrato dal socialismo, poteva spogliarsi dalle caratterizzazioni di antagonismo sociale per piegarsi all’esaltazione delle virtù dell’obbedienza e dell’operosità, lavorando in silenzio nei campi, con fervore e dedizione, con gesti disciplinati e da millenni sapientemente ripetuti. Esso veniva dipinto in primo piano, oppure come motivo di fondo, quasi fosse parte integrante del paesaggio, alle spalle di altri spunti narrativi ricorrenti, quali la maternità, la famiglia e i simboli del regime.
La rassegna del 1940 fu la più felice delle edizioni del premio cremonese, in quanto contrassegnata da una maggiore libertà compositiva, da un sentito coinvolgimento nei motivi paesistici, dal recupero del naturalismo atmosferico ottocentesco, spesso saldato alla tradizione plastica dei primitivi, dei maestri e degli epigoni dell’ormai riassorbito Novecento. In molte opere, accanto ai braccianti, compare la trebbiatrice che, durante gli anni Trenta, sarà simbolo della modernizzazione del lavoro agricolo.
Anche Catarsini la inserì nel suo quadro, sullo sfondo, accanto a un casolare dai volumi squadrati dal quale si staccano i cavi elettrici che, sottolineando l’impianto prospettico, offrono un timido accenno di modernità accanto all’esaltazione dei valori tipici del mondo contadino. I braccianti sono ritratti durante la loro quotidiana fatica, scalzi e con forme naturalistiche plasticamente delineate con una più accentuata geometria del segno, così come accadeva nei suoi dipinti dei secondi anni Trenta. Uomini e donne ammassano fasci di spighe o lavorano accanto alla trebbiatrice. In primo piano, una donna incinta avanza da destra portando un secchio d’acqua sul capo e abbassa lo sguardo verso una bimba che solleva l’orlo del grembiulino azzurro ricolmo di belle ciliegie rosse. Il suo sguardo infantile è rivolto ai lavoranti mentre, accanto a lei, un giovane atletico con un basco azzurro sul capo arresta per un istante il suo lavoro per osservare i compagni.
Nel dipinto non vi sono riferimenti diretti al fascismo, come accade invece in altre opere del concorso cremonese. Solo un tricolore minuscolo sventola nel cielo azzurro opaco e si fa segnale d’italianità, collocando l’opera nel momento storico e nelle circostanze in cui venne realizzata, insieme al riferimento inserito nel titolo che rimanda alle vaste opere di bonifica realizzate in quegli anni nei pressi di Viareggio. Nello sfondo, infatti, sono dipinti scorci di canali e di zone paludose fra Massarosa e il lago Massaciuccoli in una veduta solare che si collega alla sua copiosa produzione paesaggistica.
Anche in questa prova, come in quella dell’anno precedente, l’autore disegna con rigore e solidità e dipinge con un colore denso e materico, sempre raffinatissimo negli accostamenti tonali e nella ricerca della saturazione luminosa.
Il quadro, ritrovato nel 2022, è stato acquistato dalla Fondazione Catarsini 1899 nell’ambito del più vasto recupero dell’opera dell’artista. In buono stato di conservazione, esso consente oggi di apprezzarne appieno la stesura pittorica, corposa e materica e le luminose scelte cromatiche.

  1. Bona 2016; Il Regime dell’arte 2018.

Principali esposizioni: Secondo Premio Cremona, Palazzo Affaitati, maggio-luglio 1940: catalogo
n. 54, sala IX, motto “Questa è la guerra che noi vogliamo”, in Premio Cremona 1940, I ed. p. 66, II ed. p. 78; Künstlerhaus di Hannover1940, sala 2, n. 17, Das Getreide der Urbarmachung von Lucca, in Ausstellung Italienischer Bilder 1940, p. 19; Seravezza 2009, in Cultura della terra in Toscana 2009,
p. 211; Il grano della bonifica lucchese, Galleria d’arte moderna e contemporanea “L. Viani”, Viareggio, 17 gennaio-6 marzo 2022; Lucca 2022, in Alfredo Catarsini 2022, pp. 29-32. Dal marzo 2022 al dicembre 2023 l’opera è stata esposta nella sala del Consiglio Provinciale a Lucca Palazzo Ducale, tappa di partenza del Cammino I luoghi di Catarsini, ideato dalla Fondazione Alfredo Catarsini 1899 e realizzato in collaborazione con il Touring Club Italiano; dal 27 dicembre 2023 la tela è esposta a Forte dei Marmi, nella Fondazione Villa Bertelli, Museo del Quarto Platano.