Composizione, 1970, olio su tela, cm 70 x 50, firmato in alto a destra “A. Catarsini/ 970”. Talloncino al verso: “Composizione 1970”.

Durante i primi anni Settanta, Catarsini si dedica alla realizzazione di composizioni fantastiche e astratte realizzate con diverse tecniche e venature surreali-informali o, come in questo caso, più geometrico-figurative. In tali opere, figure razionali vengono accostate a elementi naturali in un’irrequieta sintesi fra naturalismo e formalismo, come venne rilevato al Salon Babylon di Parigi o nella monografia a lui dedicata dalla casa editrice Bugatti o, ancora, nella mostra alla Galleria Internazionale di Firenze. (1)
Secondo Solmi, egli si avvicina ad alcune linee emergenti dell’arte italiana, per poi distinguersi, convergendo e trasgredendo in un percorso con scarti continui, apparentemente tortuoso, ma criticamente leggibile a patto di non ricondurlo forzatamente a scuole o tendenze, “ove le trasgressioni quanto le convergenze possano essere comprese alla luce di una poetica in cui simbolo e natura intrecciano la loro memorabile dialettica.” (2)
In questa composizione del 1970, l’autore pone tale rapporto in una dimensione problematica, giocando con simboli e segni della realtà, attraverso accostamenti enigmatici di forme e di indicatori spaziali. Il tavolino sul quale si dispongono gli oggetti, ad esempio, è ripreso frontalmente con il piano in prospettiva centrale e il punto di fuga che non coincide né con le linee bianche dipinte a destra, né con la cornice che serra la composizione. Il bianco viene impiegato nelle gambe del tavolo, nella tela rettangolare che vi è poggiata sopra e nel triangolo che vi è sovrapposto con forte rilievo. Sul triangolo si appoggia un foglio azzurro, dello stesso colore della finestra che si scorge a destra. Sul foglio è disposta una foglia nero-grigia che si stacca da un ramoscello di foglie verdi. Altre due foglie bianche sono dipinte a destra con un colore diluito che lascia trasparire il fondo scuro. Nella parte superiore, altre foglie si staccano da un ramo, per poi confondersi con quelle dipinte sulla parete di fondo. In questo gioco continuo tra immagine dipinta e immagine reale l’artista riprende l’intuizione riflessista per dar vita a una mise en image nello spazio concreto dell’atelier, luogo nel quale prende forma questa straniante natura morta, fatta più da entità simboliche che reali. Gli oggetti diventano puri pretesti compositivi per creare un ambiguo cortocircuito tra arte e natura, tra bidimensionalità delle superfici e tridimensionalità degli indicatori spaziali di profondità, delle prospettive multiple e delle ombre.
Alla metà degli anni Quaranta, con il Riflessismo, egli aveva sperimentato la scomposizione della forma e il ribaltamento dei piani, anche recuperando le linee forza e la frammentazione futurista dell’immagine. Lo sguardo nello specchio gli consentiva di risolvere sul piano la visione prospettica del reale e di evitare la staticità con tensioni dinamiche affidate alla luce-colore, in una dialettica che implicava una sottile proiezione psicologica e quella spinta autoriflessiva che gli aprì la via delle poetiche surrealiste e delle sperimentazioni puramente astratte degli anni Settanta.

  1. Alfredo Catarsini 1970; Exposition de la Peinture Italienne 1971; Alfredo Catarsini 1972.
  2. F. Solmi, La strutturazione dell’immagine di Alfredo Catarsini, in Alfredo Catarsini 1982 e Antologica 1983.

Esposizioni recenti: Forte dei Marmi, Un incontro inaspettato 2022.