Capanni sul mare, 1987, olio su tela, cm 43 x 53, firmato e datato in basso a destra “A. Catarsini/ 1987”.

Catarsini, anche dopo aver superato gli ottant’anni, continua a riscuotere molti successi in Italia e all’estero. Nel mese di maggio del 1982 è a Parigi, per una mostra organizzata dal Centro Culturale Italiano alla Grande Salle della Camera di commercio presso l’Ambasciata d’Italia, dov’è definito “le dernier romantique de la peinture italienne”; il Comune di Ferrara allestisce una sua antologica presso la Galleria d’Arte Moderna Massari e a Palazzo dei Diamanti, in cui sono esposte composizioni meccaniche. L’anno seguente il Comune di Viareggio gli dedica una vasta antologica a Palazzo Paolina, curata da Mario De Micheli con 170 opere, fra oli, disegni e acquerelli e il Circolo degli Artisti di Torino allestisce una sua vasta esposizione. Nel 1984, il Centro culturale Saint-Vincent rende omaggio alla sua arte e la Regione Piemonte promuove una sua personale a Cuneo, così come la Galleria il Triangolo di Cremona. Nel 1989 l’Associazione Piemonte Artistico e Culturale ospita a Torino una sua mostra di opere scelte dal 1920 al 1984, a cura di Angelo Mistrangelo.
Nel 1982, un suo Simbolismo meccanico del 1957 viene battuto per 10 milioni di lire in un’asta di Brerarte a Milano, che lo ospiterà assiduamente fino al 1989 e, nel 1985, un suo quadro del 1951 verrà aggiudicato da Sotheby’s per oltre 4 milioni di lire.
Nonostante ormai riscuotesse successi con le sue opere più innovative, l’artista tornava sempre ai suoi paesaggi, dipingendo opere dedicate al mare e alle spiagge versiliesi con qualche sussulto espressionistico. Uno dei principali temi conduttori della sua pittura è, infatti, il rapporto con la terra natale, che ha fatto conoscere in Italia e all’estero: Viareggio, con le sue darsene operose, i canali silenziosi, le pinete, le marine della Versilia, struggenti e nude, i paesaggi di un territorio straordinario che ha incantato artisti e poeti.
Viareggio e il suo mare sono la sua scuola di vita e di pittura, il nucleo di una cultura partorita dalla madre terra, non quella turistica e balneare, ma quella delle darsene e delle spiagge ancora selvagge tra la pineta e il mare, quei paesaggi cioè che, a dirla con Paloscia, costituiscono “la linfa verace” del discorso pittorico di Catarsini. (1) L’amore viscerale da lui nutrito verso i motivi che l’avevano affascinato fin da bambino lo porterà a dipingere per settant’anni le marine del litorale viareggino, spesso popolate di pescatori o di figure solitarie, frequentemente disabitate e con rari capanni come questa, con i tre parallelepipedi bianchi dai tetti rossi a disposti lungo l’obliqua della battigia, fra la vegetazione che cresce nella sabbia e la linea blu del mare, il bianco delle onde e l’azzurro del cielo striato dalle nuvole.
La tavolozza asciutta, per nulla compiaciuta da preziosismi cromatici, ma caratterizzata da meditati rialzi timbrici e la pennellata, come al solito rapida e sapiente nel contrasto tra solidità dei volumi e leggerezza delle tessiture mosse del colore, riassume il tracciato di una produzione che dalla pittura di macchia era partita, per poi introdurre, fra anni Trenta e Quaranta, strutture e figure di maggior sintesi formale e volumetrica, sviluppando quella tendenza espressionista che assumerà, nel secondo dopoguerra, i connotati di un realismo esistenziale, meditativo e malinconico e che si rispecchierà nella sua ricerca meccanico-simbolista in un’incessante, complessa e articolata dialettica.

  1. Paloscia 2000, p. 32.