CAMMINO – I LUOGHI DI CATARSINI

5 – CATARSINI E VIAREGGIO

DAL PREMIO VIAREGGIO, ALLE MOSTRE DEL KURSAAL, DAL QUARTO PLATANO ALLA CAPANNINA E ALLA BUSSOLA, GLI SPLENDORI DEL NOVECENTO DEL LITORALE DELLA VERSILIA DI E CON CATARSINI

Si è detto che Catarsini stava nella sua Viareggio e nella sua Versilia come al centro di una rosa dei venti. E ne era consapevole, infatti soleva dire: “ma dove vuoi che vada, che tanto vengono tutti qui!”

La Versilia, per il suo habitat, il suo paesaggio straordinario, incantò poeti e pittori. La scoperta artistica della Versilia si ha a partire dal Settecento, non si era ancora in tempi di moda balneare e però il mare e le campagne versiliesi promettevano cieli tersi e un clima gradevole.

E i pittori dipinsero una natura che era fatta di dune sabbiose, pinete, basse colline coperte di ulivi, laghi, verso la fine dell’Ottocento divenne di moda la balneazione e con il tempo oltre la spiaggia di Viareggio si scoprì anche il resto della costa e la nascente Forte dei Marmi. Sul lago di Massaciuccoli, attorno a Giacomo Puccini, che era venuto ad abitare a Torre del Lago nel 1890, si creò una colonia di artisti, molto nutrita ed elettrica con Plinio Nomellini, Ferruccio Pagni, Francesco Fanelli, i fratelli Angiolo e Ludovico Tommasi, Raffaello Gambogi e la moglie Elin Danielson e il giovane Lorenzo Viani.

Grazie a queste presenze e a quelle che frequentavano Viareggio come Moses Levy, lo stesso Viani e Galileo Chini, sorse poi un folto numero di pittori locali. Levy e Viani, favoriti dall’amicizia di Nomellini e Pagni, fecero scelte artistiche assai diverse: Viani si entusiasmò all’espressionismo tedesco e scelse l’impegno politico e la denuncia sociale realizzando quadri fortemente polemici e marcati mentre Levy che era un ebreo tunisino e si era formato coi fauves francesi, si dedicò alle scene di balneazione e ai paesaggi mondani. Sulla loro scia sorse un altro pittore: Alfredo Catarsini, profondo conoscitore di entrambi, e lui dipinse opere dal vero, en plain air: darsene, marine, paesaggi. Quando il giovane Alfredo Catarsini cominciò a dipingere molti erano, dunque, i riferimenti. Frequentando Parigi ebbe modo di conoscere il futurismo e le altre avanguardie. Poi però la sua intelligenza creativa lo portò ad accostare altre tendenze e altre esperienze.

Intanto esplodeva nell’intera Versilia la passione al paesaggio marino. Così si avvicinarono al “Poveromo” tra Forte dei Marmi e Marina di Massa artisti e intellettuali quali Giorgio De Chirico, Savinio, Achille Funi, Arturo Dazzi, Carlo Carrà, Felice Carena, Ardengo Soffici, Domenico Rambelli, Arturo Tosi, Arturo Martini, Primo Conti che crearono opere rappresentative della natura versiliese.

Ma Catarsini, attentissimo ai cambiamenti e alle mutazioni, non poteva non accorgersi che il medesimo paesaggio della Versilia, col Novecento e il successo della balneazione, si andava progressivamente modificando. Al posto delle dune sabbiose sorgevano grandi alberghi e i locali di moda. La natura era invasa e Catarsini, grazie alla sua ansia di esplorazione, cambiò soggetti e prospettive della sua opera. Iniziò ad esplorare ciò che in Europa si stava affermando, il cubismo, l’astrattismo. Catarsini tuttavia non si fece discepolo di questa o quell’altra maniera, inventò, con un proprio stile, nuove tematiche che si rifacevano all’invasione della tecnica, invasione già segnalata da alcuni filosofi, e al conseguente danno esistenziale.

Alfredo Catarsini fu artista, pittore e scrittore, davvero coraggioso e avanguardista. Penetrò i territori futuristi, sfiorò il fascismo e il socialismo, fece mostre e vinse premi da Venezia a Cremona, a Roma, a Milano. E non si perdette mai, vivendo un intero secolo di clamorosi esperimenti, ora tragici ora esaltanti, saldo nelle proprie credenze di fondo: Viareggio e a Versilia, la famiglia, la religiosità. Poiché l’esploratore, alla fine, ritorna sempre nella propria Itaca. E vi torna arricchito.

Tutto il percorso espositivo della bella mostra retrospettiva “Esplorazioni” a villa Bertelli nell’estate 2021, con una selezione di opere dal 1939 al 1982 ha dimostrato che, nel panorama dell’arte italiana del Novecento, Alfredo Catarsini fu capace di “rompere” con la tradizione per arrivare a nuove e originali forme espressive: dal naturalismo e dalla pittura post-macchiaiola con Catarsini si passò a quella intimista, di carattere, di sentimenti e poi anche alla non pittura, delle inquietudini nuove, meccaniche, matematiche.

Ecco, Catarsini fu il protagonista di questo passaggio dall’arte figurativa degli anni Trenta a quella astratta degli anni Cinquanta.

Alfredo Catarsini, è dunque un anello di congiunzione tra due epoche che hanno coabitato anche nella Versilia lungo tutto il Novecento. Con lui si abbandona l’Ottocento accademico e museale e si percorrono le strade nuove che portano all’arte di oggi.

LA BELLA STAGIONE

DELLE MOSTRE ESTIVE AL KURSAAL DI VIAREGGIO

Il Kursaal era forse il più fantastico edificio costruito in quel luogo da sogno che era la Viareggio dei primissimi anni del ‘900, che vantava altre costruzioni incredibili nate per stupire il bel mondo che passava le vacanze sulle sue spiagge. La sua unicità architettonica, l’insieme di stili che lo componevano, le terrazze sul mare e i giardini, lo resero uno dei luoghi più amati e frequentati del lungomare.

Progettato da Orsino Bongi nel 1911, è stato il primo edificio costruito in cemento armato sulla passeggiata di Viareggio. Inaugurato nel 1912 si trovava “in una posizione incantevole, fra la pineta chiomata e fragrante e il mare iridescente”. A piano terra si trovava un salone da pattinaggio, mentre al piano superiore una grande sala, capace di contenere un migliaio di persone, poteva ospitare ricevimenti, soirée, balli, concerti e spettacoli teatrali e importanti mostre d’arte. Dalle ampie terrazze aperte sul mare e sulle Apuane lo sguardo si perdeva nella bellezza dei tramonti.

Sin dai suoi primi anni d’apertura il Kursaal divenne uno dei luoghi deputati per le mostre d’arte, che in estate si susseguivano ogni 15 giorni. Proprio nei suoi saloni fu aperta nell’estate del 1918 la più importante mostra d’avanguardia della Versilia. Organizzata da Luigi Salvatori e dal pittore Enrico Prampolini con l’aiuto di Moses Levy, la mostra ospitò dodici artisti che portarono a Viareggio opere che rappresentavano le teorie artistiche più nuove sviluppatesi in quegli anni in Italia e in Europa. Furono presentati lavori metafisici di Giorgio De Chirico e Carlo Carrà, e opere futuriste di Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Primo Conti, Achille Lega, Moses Levy e Lorenzo Viani che presentò alcuni disegni e acquarelli. Viareggio, all’epoca era un punto d’incontro di artisti e letterati, dove circolavano liberamente nuove idee, e si mescolavano con leggerezza esordienti e maestri. In questo clima così vivace il giovane Catarsini si inserì naturalmente, con la sua forte voglia di conoscenza, la sua curiosità innata e l’ardore della gioventù che vuol trovare una sua strada nell’arte e nella vita.

Dal 1932 al 1935 Alfredo Catarsini aveva lavorato alle decorazioni interne del Kursaal: si tratta probabilmente di addobbi, pannelli effimeri e stucchi, che abbellivano l’edificio in occasione di feste, carnevali e spettacoli teatrali. Ricordi di questi lavori si conservano in alcuni taccuini del suo archivio personale.

Nel 1934 Catarsini viene invitato a partecipare alla I Mostra Estiva Viareggina, incentrata sugli autori toscani. Questa prima mostra estiva, il cui scopo era quello di presentare nuove voci artistiche al grande pubblico che in estate affollava Viareggio e la Riviera Versiliese, presentava centosessantadue dipinti e ventotto sculture di ben ottantadue autori italiani.

Catarsini presenta tre dipinti, Limonaio, Paese e il ritratto della figlia Mity, opere che saranno molto elogiate dalla critica. Il 1934 è un anno importante per Catarsini, partecipa anche alla Mostra Marinara che si tiene a giugno alla Lega Navale Italiana a Viareggio, dove due mesi dopo terrà una personale con ben quarantanove opere. Nella stessa estate Catarsini è presente anche alla Prima Mostra Estiva a Marina di Pietrasanta.

Alla Mostra Estiva al Kursaal dell’anno seguente dal titolo: Mostra di Pittura, Scultura e Bianco e Nero, Catarsini vi espone ben quindici opere, fra cui Le amiche (o Amiche nella pineta), molto ben accolta dalla critica e dal pubblico.

Fra luglio e settembre del 1936 si apre al Kursaal la terza mostra estiva: Mostra d’Arte di Artisti Toscani e Complessiva delle opere di Viani, Catarsini espone nove opere. Per l’esposizione del 1937, la IV Mostra estiva del Kursaal, vengono invitati anche artisti non toscani, tra cui Arturo Martini, Carlo Carrà e Raffaele De Grada. Catarsini espone tre opere, Ragazza Corsa, Nudo o Bagnante e Pioggia a Bastia, e ottiene una menzione d’onore.

L’appuntamento fisso delle grandi mostre al Kursaal continua nel 1938 con la V Mostra Estiva Viareggina, in questa edizione Catarsini entra a far parte della commissione organizzatrice, insieme a Mario Carlesi e Ruggero Sargentini; la statura artistica e culturale di Catarsini era cresciuta infatti in quegli anni grazie alla partecipazione a numerose mostre in Italia, alla sua presenza attiva nelle varie iniziative culturali della Versilia e alle sue amicizie con gli intellettuali e gli artisti che frequentavano la Versilia in estate: Catarsini era amico di Leonida Repaci, lo era stato di Lorenzo Viani, conosceva Filippo Tommaso Marinetti e frequentava regolarmente il Quarto Platano a Forte dei Marmi. Catarsini espone quattro dipinti: Autoritratto, Cantiere, Scaricatori di Porto e Ritratto, in occasione della cerimonia inaugurale del 24 luglio Cantiere viene acquistato da S. E. E. Alfieri, Ministro della Cultura Popolare.

L’edizione del 1939 sarà l’ultima tenuta al Kursaal. Edizione in tono minore, di nuovo saranno invitati solo autori toscani. Catarsini vi espone una sola opera, Cantiere.

Nel 1940 l’Italia entra in guerra, e la mostra estiva non si farà. Nell’agosto del 1941 però la tradizione riprende, ma la VII Mostra Estiva di Pittura, riservata al Paesaggio, abbandona il Kursaal e si sposta nei locali annessi al Teatro all’aperto della Pineta di Ponente (Arena Puccini); Catarsini è nel comitato esecutivo e presenta due soli dipinti, Campagna viareggina e Mattino-Case di Campagna.

L’ultima mostra estiva si tiene nel 1942, con il nome I° Premio Versilia e Premi Gariboldi, di nuovo organizzata nei locali dl’Arena Teatro Puccini nella Pineta di Ponente. Catarsini non è più nel comitato esecutivo, ma partecipa sia al Premio Versilia, con il dipinto Cantiere, che ai Premi Gariboldi, con Canale Burlamacca e Darsena Viareggina, dove conquista il primo premio ex aequo.

La guerra poi travolge tutto. Il 3 agosto del 1944 anche il Kursaal viene bombardato. Oggi non si conosce l’esatto ammontare dei danni, ma nel dopo guerra il Kursaal venne radicalmente trasformato, diventando l’Hotel Maestoso. Era finita un’epoca.

L’ATELIER DI ALFREDO CATARSINI A VILLA PAOLINA

L’ATELIER DI ALFREDO CATARSINI A VILLA PAOLINA

Questa tappa tocca uno dei luoghi più interessanti del Cammino, l’atelier di Alfredo Catarsini che si trova nelle soffitte della Villa Museo Paolina Bonaparte. Catarsini vene in questo Palazzo dopo che il suo precedente studio, che si trovava in alcune stanze del Palazzo Comunale (ex Casino Reale) in Via Regia, fu bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’atelier è stato riallestito dalla nipote Elena con gli arredi del Maestro conservati dopo la sua morte e aperto al pubblico nel 2002; conserva l’importante archivio dell’artista e le tracce del suo lavoro e della sua vita: disegni, manifesti delle sue esposizioni, cavalletti, tavolozze, pennelli, documenti, foto, cataloghi, articoli, disegni, libri d’arte, lettere, diplomi e onorificenze, giornai rilegati. Visitandolo si può ricostruirne la personalità e le vicende più salienti della sua lunga vita tutta dedicata all’arte.

Alfredo Catarsini non è stato solo un pittore, ma anche un letterato e un uomo di cultura attento e sensibile. Nell’archivio si trovano i manoscritti dei suoi racconti, le bozze dei suoi due romanzi, uno dei quali da poco rieditato da La Nave di Teseo, i suoi diari e gli articoli che per molti anni ha scritto per i giornali locali e le riviste culturali. In appositi faldoni sono custoditi i giornali che, dagli anni ‘30 in poi, parlano delle sue esposizioni e di innumerevoli notizie della vita culturale e artistica del Novecento.

Di grande interesse la raccolta di tutti i cataloghi e le brochure delle numerosissime esposizioni a cui ha partecipato fin dal 1927, e i cataloghi di artisti a cui era particolarmente legato, nonché la corrispondenza che ha intrattenuto con molti di essi.

Numerose le fotografie sue e della famiglia e significative le immagini delle sue mostre, da quelle degli anni 30 all’ultima antologica del 1991. L’archivio contiene tutta la documentazione ad oggi trovata sull’artista ed è costantemente aggiornato.

La fascinazione che si avverte in queste stanze è data, oltre che dai documenti, dall’atmosfera che ancora si avverte fra queste mura; guardando il suo cavalletto, la sua tavolozza, i pochi arredi, le tracce di colore sulle pareti avvertiamo l’intensità di una ricerca pittorica profonda e sincera a cui Alfredo Catarsini ha dedicato tutta la sua esistenza.

Descrizione dell’Atelier da parte della storica dell’arte Cristina Acidini

“…nella bella villa urbana che fu delle Bonaparte, prima di Paolina Borghese e poi di Carolina Murat, dagli ambienti di rappresentanza a lungo e accuratamente restaurati nell’arco di vari decenni – il passaggio alla soffitta adibita a studio di pittura è fluido e privo di contraddizioni. Gli appartamenti nobilmente decorati e arredati, dove Paolina accolse i musicisti, gli artisti e i letterati della sua piccola corte cosmopolita, trovano il loro complemento nella pacata bohème dell’atelier, che racconta per oggetti e per immagini la lunga biografia di Catarsini. Una vita iniziata nella Viareggio profonda, all’ombra della Torre Matilde e sulla sponda della Darsena, arricchita in seguito da esperienze e da contatti internazionali e specialmente parigini, svolta tra un impegno locale nella formazione dei giovani e mostre in tutta Italia, e conclusa infine a Viareggio, in un operoso pendolarismo fra l’atelier sotto il tetto napoleonico e l’abitazione nel quartiere Marco Polo….La mia visita allo studio Catarsini risale al 2013, allorché si era da poco concluso con successo il progetto di riallestimento: un progetto lungo e impegnativo, voluto con forza e portato a buon fine con tenacia per impulso di Elena Martinelli, nipote del pittore, nei dieci anni successivi alla morte del nonno. E che ha il corrispettivo non immediatamente visibile, ma encomiabile, nel lavoro di inventariazione accuratamente svolto sui documenti originali dell’Archivio Catarsini, mentre per l’opera dell’artista sono complementi le raccolte pubbliche e private che conservano i suoi quadri, in primo luogo quella (nella sede della Fondazione) nel quartiere Marco Polo. A questo proposito ho il bel ricordo dell’arrivo dell’Autoritratto di Catarsini del 1934 nella celebre raccolta della Galleria degli Uffizi, avvenuto nel 2005, poco prima che ne assumessi la guida come Soprintendente del Polo Museale Fiorentino (dal 2006 al 2014)…… All’inizio della sua occupazione dell’atelier, è probabile che i mobili scarseggiassero: “Tutto è quasi messo per terra: tubetti di colori, libri, pennelli, poi anche una diecina di studi a bianco e nero […] Poi cornici, telai, buttati da ogni parte ed infine anche dei grandi cartoni per affresco collocati per terra” (B.F. in Artisti nostri, Una visita allo studio del pittore Catarsini, ne “Il Tirreno” del 7 agosto 1946).

E dagli anni ’50 in poi, l’iconografia dello studio si stabilizza in un soggettivo, suggestivo, inevitabile disordine: “fra tavolozze, cavalletti, pennelli e quadri ammonticchiati per ogni dove, e scaffali pieni di libri, di ritagli di giornale, […] stanze in cui il rumore della città giunge come ovattato” (L.M., Note d’arte. Visita allo studio di Alfredo Catarsini, ne “La Nazione italiana – Cronaca di Viareggio” del 13 marzo 1957, p.4). “Il pavimento trema alla pressione del passo – annota ancora Taglioli – vi giungono affiochiti i rumori delle aule scolastiche sottostanti, quasi un sommesso brusio che supera l’ostacolo dei muri. Lungo le pareti i soliti ammassi di quadri vecchi e nuovi, disposti alla rinfusa…” (La pittura a Viareggio. L’inchiesta tra i nostri artisti e il “Personaggio” principale, ne “Il Tirreno”, 17 novembre 1955, p.4)

“….E mentre la figura del pittore perde gli spigoli e sotto il basco dal profilo parigino i capelli imbiancano, mentre la sua carriera di docente e di artista lo conduce attraverso sperimentazioni personali e autonome (col Simbolismo Meccanico e il Riflessismo, senza abbandonare la figura e il paesaggio viareggino), lo studio assume quell’aspetto vissuto, affollato di arnesi e di ricordi, che colpisce i visitatoriNello studio odierno, è forte l’emozione dell’incontro col luogo che racchiude la testimonianza di un artista dalla personalità forte e decisa, di una longevità che gli ha consentito di attraversare gran parte del Novecento partecipando delle sue fluttuanti correnti artistiche. Opere che vanno e vengono, cartoni conservati dopo l’uso nei cantieri d’affresco, quadri scelti e approntati per esposizioni – a Firenze, a Venezia, a Roma e altrove -, quadri che ne ritornano, disegni che si stratificano in risme, articoli, recensioni, dépliant (tutto materiale che sembra importante sul momento e poi finisce in una riga del curriculum o nel dimenticatoio) e naturalmente tele, cornici, arnesi del mestiere. La pittura possiede Catarsini e gli è presente senza dargli tregua: nei suoi ritratti può capitare l’apparizione di una tela dipinta sul cavalletto, quadro nel quadro, frammento dello studio viareggino incorporato per sempre in un dipinto che farà la sua strada nel mondo. Là, l’intonaco alle pareti si offusca, la pittura bianca del tetto si scrosta e mostra chiazze di legno e laterizio…. Il passaggio dall’uso al museo ha ricreato, nei termini nuovi di una narrazione ordinata, quello che fu un ambiente vissuto in alacre confusione”.

ALCUNI ESTRATTI DI ARTICOLI SCRITTI SU CATARSINI E L’IMPORTANZA DI VIAREGGIO E DEL TERRITORIO CIRCOSTANTE NELLA SUA POETICA

Era facile vederlo traversare in bicicletta il Canale Burlamacca, per andare in Darsena, e in Darsena, era facile incontrarlo quando sbucava dalle viette chiassose dentro i cantieri o quando si fermava a tu per tu col mare e con lo specchio d’acqua del porto. La sua tavolozza ricca e severe, guizzante e malinconica, sembra attinta proprio al riflesso dei colori sulle acque metalliche del canale. E solo colori veri, perché a crearli e trasformarli è stata la luce… (Raffaello Bertoli)

E poi, in improvvisi ritorni contemplativi, di nuovo alla ribalta quel rapporto di sempre dell’uomo col mare che resta la guida costante nella lettura di quel suo dipingere senza tempo…” (Tommaso Paloscia)

Alfredo Catarsini stava nella sua Viareggio come al centro di una rosa dei venti, sensibile a Lorenzo Viani e a Soffici, a Carrà e ai Fauves, a Matisse, a Cézanne, a Moses Levy, agli intellettuali, ai poeti, agli artisti che d’estate si incontravano al Quarto Platano di Forte dei Marmi… Si può vivere a Viareggio, raccontare le storie della darsena e le opere e i giorni degli uomini, nel mutare della luce e dell’ora, ed essere artisti grandi e veri.” (Antonio Paolucci)

ALCUNI ESTRATTI DI ARTICOLI SCRITTI SU CATARSINI E L’IMPORTANZA DI VIAREGGIO E DEL TERRITORIO CIRCOSTANTE NELLA SUA POETICA

Era facile vederlo traversare in bicicletta il Canale Burlamacca, per andare in Darsena, e in Darsena, era facile incontrarlo quando sbucava dalle viette chiassose dentro i cantieri o quando si fermava a tu per tu col mare e con lo specchio d’acqua del porto. La sua tavolozza ricca e severe, guizzante e malinconica, sembra attinta proprio al riflesso dei colori sulle acque metalliche del canale. E solo colori veri, perché a crearli e trasformarli è stata la luce… (Raffaello Bertoli)

E poi, in improvvisi ritorni contemplativi, di nuovo alla ribalta quel rapporto di sempre dell’uomo col mare che resta la guida costante nella lettura di quel suo dipingere senza tempo…” (Tommaso Paloscia)

Alfredo Catarsini stava nella sua Viareggio come al centro di una rosa dei venti, sensibile a Lorenzo Viani e a Soffici, a Carrà e ai Fauves, a Matisse, a Cézanne, a Moses Levy, agli intellettuali, ai poeti, agli artisti che d’estate si incontravano al Quarto Platano di Forte dei Marmi… Si può vivere a Viareggio, raccontare le storie della darsena e le opere e i giorni degli uomini, nel mutare della luce e dell’ora, ed essere artisti grandi e veri.” (Antonio Paolucci)

CATARSINI E IL MENSILE VERSILIA OGGI

Durante gli anni dell’insegnamento all’Istituto d’Arte Stagio Stagi di Pietrasanta Catarsini iniziò la sua collaborazione con la rivista Versilia Oggi.

Un mensile di informazione fondato da un gruppo di versiliesi dei Comuni di Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e Stazzema nel 1966, esattamente il 3 di novembre.

La sua prerogativa era la riscoperta delle comuni radici della Versilia, terra percorsa dall’omonimo fiume, dal linguaggio e dalle tradizioni locali. Uno dei fondatori è il giornalista professionista Giorgio Giannelli. Gli articoli pubblicati dovevano necessariamente trattare argomenti esclusivamente versiliesi, molti i nomi importanti tra i collaborati di questa rivista.

Spesso Alfredo Catarsini si recava per incontrare Giannelli nella sua abitazione di Querceta, sede della rivista, per confrontarsi su i vari temi da trattare oltre a esporre le sue idee e incontrando spesso gli altri Autori. Una serie di caricature di personaggi del Quarto Platano che hanno illustrato i suoi articoli pubblicati sulla rivista è esposta a Villa Bertelli, dove è anche una caricatura di sè stesso. “Alfredo Catarsini è stato un autore puntuale e preciso oltre alla sua sagacia nel disegnare le sue famose caricature di volti della Versilia e nonostante che fosse viareggino, lo abbiamo sentito uno dei nostri e tra noi una grande amicizia” così lo definisce Giorgio Giannelli in una sua recente intervista. Negli stessi anni Catarsini collaborava con il quotidiano La Nazione con articoli di critica d’arte e di recensioni di mostre.

ENRICO PEA E IL QUARTO PLATANO DI FORTE DEI MARMI

Il Quarto Platano è stato un famoso luogo di convivialità estiva degli artisti, dei critici e degli scrittori dagli anni Venti fino agli anni Cinquanta del Novecento. Una consuetudine, quella di ritrovarsi nei sonnolenti pomeriggi estivi all’ombra dei platani del caffè Roma, che non si esaurì nel dopoguerra e che consacrò il Quarto Platano come il ritrovo culturale più conosciuto in quegli anni, alimentato da Pea fino a quando le forze e la passione glielo consentirono. Il caffè Roma è ancora nella centralissima Piazza Garibaldi, ed è stato il punto di incontro simbolico per gli intellettuali e i personaggi di spicco della cultura nazionale del Novecento, il gotha della letteratura e dell’arte italiana si ritrovava sotto il quarto platano della fila di alberi che partiva dalla via Mazzini verso piazza Garibaldi. Oggi rimane una lapide posta all’ingresso del caffè a ricordo di quegli incontri. Si incontravano Pea, De Grada, Soffici, Carrà, Papini, Campigli, Montale, De Chirico, Savinio, Maccari, Ungaretti, De Grada, Campigli, Dazzi, Sacchetti, Moravia, Bigongiari, Papini, Bacchelli, Prezzolini, Montale, Bertoli, Repaci, l’editore Vallecchi, lo storico dell’arte Roberto Longhi.

Da Viareggio, con la sua amata bicicletta, arrivava spesso anche Catarsini, che ritrasse quei personaggi amici e ne scrisse sul mensile Versilia Oggi.

Catarsini Scrive di Pea in Pea e i giovani articolo uscito nel dicembre del 1968 su Versilia oggi

[…] divenne ben presto uno scrittore equilibrato, arguto narratore, tanto che il suo realismo lirico è andato sempre più riscuotendo consensi anche dalla critica ufficiale. […] Con chiarezza di visioni che rispondono alle esigenze del vero narratore che investono la realtà l’uomo Pea pervenne a
sensibilizzare i suoi personaggi cin un lindore, può dirsi, francescano. Questo suo stupefacente lindore è presente in ogni sua opera nata e cresciuta da un groviglio di appunti, esaminando più volte un solo periodo in modo che tutto rispondesse a ciò che egli pensava.

E scrive di Arturo Dazzi in Parlando d’arte con Arturo Dazzi uscito nell’aprile del 1972 sempre su Versilia oggi

I suoi argomenti erano ovviamente chiari in fatto d’arte, basati soprattutto su una esperienza visiva consumata attraverso il concepimento di numerose opere a carattere monumentale. Il suo parlare semplice, conciso con il suo pensiero senza pregiudizi che pareva derivato da una specie di
illuminismo kantiano, strapparono davvero la mia ammirazione. Mi sembra di vederlo ora, con in testa una sorta di berretto press’a poco simile ad una borsa del ghiaccio che tutt’ora si usa mettere in testa agli ammalati. Il suo abbigliamento da lavoro era come quello di un forte coraggioso
cavatore apuano: occhialoni neri per proteggersi gli occhi dall’abbagliante bianco del marmo esposto al sole, una sciarpa stinta avvolta al collo, un paio di pantaloni di tela fermati sotto l’ombelico, una camicia con maniche rimboccate, ed un paio di scarpe pesanti calzate in fretta

LEONIDA REPACI E IL PREMIO LETTERARIO VIAREGGIO-REPACI

Dopo il ‘Bagutta’, ideato da Orio Vergani nel 1926 in una trattoria milanese, il ‘Viareggio’ nasce in Versilia nel 1929 sulla spiaggia e “sotto un ombrellone” per iniziativa dei tre amici: Leonida Rèpaci, Carlo Salsa e Alberto Colantuoni. Dopo le vicissitudini legate al periodo fascista, dal dopo guerra fino alla sua morte, Repaci ne assunse la presidenza e oggi porta il suo nome: Premio letterario Viareggio-Repaci.

Viareggio fu scelta perché “noi fondatori intendemmo contraccambiare la bella spiaggia di quell’amore che aveva saputo accendere nel fondo di noi, da quando avevamo associato il suo nome a quello di Shelley, il ricordo di un tonfo di risacca al crepitio del rogo col quale un Poeta ritornava, dio immortale, ai puri spazi da cui era disceso per scolpire la statua di Prometeo, finalmente liberato dalle potenze e dalle presenze del Male” (Rèpaci). Se la nascita è “avvenuta all’improvviso come nacque Venere dalla spuma del mare” (Enrico Pea nel 1938, vincitore quell’anno ex aequo con La Maremmana), la peculiare vocazione artistica dei fondatori si manifesta fin dall’edizione del 1930, che consacra la fama di Lorenzo Viani con Ritorno alla patria e di Anselmo Bucci con Il pittore volante; due pittori che erano anche scrittori, molto dissimili ma uniti da una forte tempra polemica.

Tra i tanti premiati ricordiamo: Umberto Saba, Aldo Palazzeschi, Elsa Morante, Carlo Emilio Gadda, Antonio Gramsci, Sibilla Aleramo, Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Pier Paolo Pasolini, Salvatore Quasimodo, Alberto Moravia, Goffredo Parise, Giorgio Manganelli, Serena Vitale, Sandro Veronesi, Alda Merini, Mario Luzi e Maria Bellonci (Lucrezia Borgia nel 1939), futura fondatrice del Premio ‘Strega’.

E tra i Giurati: Luigi Pirandello, Concetto Marchesi, Roberto Longhi, Francesco Flora, Luigi Russo, Massimo Bontempelli, Antonio Baldini, Alfredo Schiaffini, Giovanni Macchia, Maria Luisa Astaldi, Anna Banti, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Guido Piovene, Franco Antonicelli, Giacomo Debenedetti, Natalia Ginzburg, Natalino Sapegno, Carlo Salinari, Ezio Raimondi, Roman Vlad, Manlio Cancogni, Cesare Garboli, Adriano Prosperi, Pier Vincenzo Mengaldo.

Il Premio è dedicato a opere scritte in italiano da autori di nazionalità italiana, pubblicate nel periodo compreso tra il 1° giugno dell’anno precedente e il 31 maggio dell’anno in corso. La proclamazione dei vincitori avviene a Viareggio durante la stagione estiva. Si suddivide: Narrativa, Poesia e Saggistica. 

Repaci fu molto amico ed estimatore di Catarsini con cui mantenne sempre una assidua frequentazione.