La cucina dell’entroterra – PS – 9

La cucina dell'entroterra - PS - 9

CAMMINO – I LUOGHI DI CATARSINI

9 – LA CUCINA DELL’ENTROTERRA

La cucina della Lucchesia era, ed è rimasta, una cucina semplice, ma gustosa e intrigante. Tuttavia bisogna fare delle precise distinzioni. Esiste, ed è sempre esistita, una cucina contadina ed esiste, come è sempre esistita, una cucina borghese, in Lucchesia come altrove.

Maria Anna Bonaparte Baciocchi (1777-1820), detta Elisa, fu Principessa di Lucca e protagonista di una trasformazione del costume e delle abitudini dell’antica Repubblica Lucchese, nonché la committente degli ultimi grandi lavori di ristrutturazione dell’attuale edificio Palazzo Ducale compiuti su progetto dell’architetto Lorenzo Nottolini. Palazzo Ducale, non fu soltanto luogo del governo politico e amministrativo del Principato di Elisa, ma con i suoi saloni, le feste ed i banchetti fu il simbolo di una ritrovata mondanità, di una nuova forma di comunicazione dell’immagine e del potere.

La cucina ricca della borghesia lucchese del ‘700 di derivazione francese, è senza fagioli, polenta, maiale, e se mai con sfumature francesi: pasticci di riso, cacciagione, maccheroni ripieni, garmugia (zuppa di verdure primaverili e carne di vitella), arrosto di pernici, fagiani o starne, fricassea di vitella, sorbetti di frutta. E parlando di cucina lucchese non si può non tener conto delle migrazioni interne e dei confini geografici che, normalmente, non coincidono con quelli gastronomici. Ecco, infatti, nella cucina della Lucchesia, le torte di verdura d’ispirazione ligure e della “cecina” oppure, nella cucina di mare, il caso eclatante del cacciucco, in origine vanto e orgoglio della cucina livornese, ma adottato a Viareggio e in tutto il litorale toscano con varianti veramente minime, ancora oggetto di dispute tra i più grandi chef. La ricetta del cacciucco, divulgata e sbandierata entusiasticamente da Lorenzo Viani che l’aveva scoperto a Livorno durante una “cacciuccata” organizzata nel 1936 da Costanzo Ciano, divenne il must delle trattorie viareggine. Altro esempio è il “peposo”. Emblema della cucina della provincia fiorentina, nato all’Impruneta, ha ormai diritto di cittadinanza quasi in ogni provincia toscana. Ci sono addirittura locali che portano il suo nome; questo piatto saporito e popolano è in pratica uno stracotto al vino rosso inorgoglito da piccole manciate di pepe nero in grani, donde il nome. Su tutto questo ben di Dio svetta la mitica “ bistecca alla fiorentina” che di certo non ha bisogno di presentazioni e la “tagliata” che ne è la versione scaloppata. Da ricordare l’”arrosto morto” alla lucchese. Pilastro della cucina della Lucchesia è il pane, generalmente “sciocco”, cioè sciapo, senza sale. Col pane si preparano la fettunta e una varietà di zuppe e minestre: pancotto, panzanella, frantoiana, ribollita, pappa al pomodoro, crostini, ecc. Mentre con il granturco a ottofile pregiato della Garfagnana si prepara la polenta di accompagnamento di umidi di carne e di pesce, ma anche la farinata di cavolo nero chiamata anche intruglia o incavolata, il gustoso piatto invernale comune in tutta la provincia.

Una citazione a parte merita la pasta fresca e gli gnocchi di patate di Campallorzo; la pasta fatta in casa è generalmente a base di acqua e farina, piuttosto spessa e grossolana, che ben si armonizza con i condimenti vigorosi e saporiti di carne e di pesce; nelle forme più svariate (tagliatelle, tagliolini, maltagliati, tacconi, pappardelle) si trova anche a base di farina di castagne o di farro. Godono di giusta fama i “tordelli versiliesi” con ripieno di carni e conditi con ragù.

I piatti di carne della Lucchesia sono tradizionalmente a base di maiale (arista e rosticciana), e derivati del maiale (salsicce, lardo, mortadelle, soppressate, biroldo (o buristo), tanto amato da Catarsini), oppure animali da cortile; principalmente conigli e poi polli, galline e anatre. Per quanto riguarda le preparazioni si tratta quasi sempre di cotture semplici, principalmente spiedo e griglia oppure tipicamente casalinghe o familiari (umidi e dintorni) e i famosi crostini di fegatini di pollo.

Dal lago di Massaciuccoli arrivano i pesci di lago (tinche e anguille, per lo più; mentre le trote prelibate guizzano nei torrenti della Garfagnana); dal parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli anche pernici, fagiani, colombacci, germani, lepri e cinghiali per gli amanti della cacciagione da piuma e da pelo.

Ma più ci si avvicina alla costa più si trova pesce di mare, per tutti i gusti e tutte le tasche dal momento che il mercato ittico di Viareggio è uno dei più vivaci e importanti del Tirreno, che rifornisce anche importanti piazze del nord Italia. E da qui i muscoli ripieni, le cosiddette “cee” (avannotti di anguille), il sugo alla trabaccolara, il fritto di paranza, il brodetto di mare.

Molto ricca anche la varietà e la qualità di legumi e verdure: il fagiolo “schiaccione” di Pietrasanta, i fagiolini di Sant’Anna, il cardo gobbo di Capezzano Pianore e le “barbe di prete” (altrove chiamate scorzonere), i rapini.

I dolci iconici di questa terra ricca e generosa sono il Buccellato e il Castagnaccio la “Torta di marzapane”, le “Torte dolci di semolino o di riso”, i budini di riso, i bomboloni (frati) e le frittelle di san Giuseppe.

In ogni zona sono segnalati i ristoranti che partecipano al Cammino dove è possibile, oltre che gustare i piatti tipici della tradizione, trovare il “menù di Catarsini” o uno specifico “piatto Catarsini” che egli apprezzava.

Pietrasanta

La “piccola Atene” è ormai famosissima per i ristoranti, ma anche la cucina è comunque una forma d’arte. Vi è conservata la tradizione ma anche le rivisitazioni della cucina contemporanea che vanno a delineare una più ampia offerta gastronomica. I famosi fagioli schiaccioni di Pietrasanta godono di giusta fama. Tipica la zuppa a battiscarpa (pane tostato agliato ricoperto di fagioli lessati e olio di frantoio), il farro con i fagioli, le carni arrosto, alla griglia e i bolliti. La vicinanza del mare comincia a farsi sentire e molti ristoranti propongono anche specialità di pesce. Da assaggiare tutto l’anno la tipica Torta di marzapane.