CAMMINO – I LUOGHI DI CATARSINI

ALFREDO CATARSINI: BIOGRAFIA E CURIOSITÀ

Alfredo Catarsini nasce a Viareggio il 17 gennaio del 1899 e inizia a disegnare sin da bambino, appassionandosi all’arte grazie ai tanti pittori che si potevano incontrare nella Viareggio dell’epoca e che spesso dipingevano en plein air. 
Nel 1919 si diploma al Regio Istituto di Belle Arti di Lucca dove frequentava anche il Caffè Caselli in via Fillungo, ritrovo per appassionate discussioni fra artisti e letterati lucchesi. Successivamente, attraversa una prima fase di ricerca naturalista grazie anche alla vicinanza con Lorenzo Viani che lo riteneva uno dei più interessanti artisti viareggini, per avvicinarsi poi alle suggestioni di Novecento, al primitivismo e al ritorno all’ordine, che ispireranno molta della pittura di quel periodo.
All’inizio degli anni Trenta conosce Filippo Tommaso Marinetti, che lo chiama a esporre alle mostre del gruppo del Secondo Futurismo.
Fino agli anni Quaranta partecipa alle maggiori mostre che si tengono in Italia e all’estero, tra cui il Premio Bergamo, il Premio Cremona, l’Ausstellung Italienischer Bilder di Hannover, la XXIII Biennale di Venezia e la IV Quadriennale di Roma, ottenendo premi e attestati prestigiosi, tra cui il secondo premio al Premio Cremona del 1939.
Numerose sono anche le personali, a Roma, Milano, Lucca, Prato, Bastia, Napoli, Firenze, Viareggio e Forte dei Marmi.
Nel periodo della guerra sperimenta un’interessante stagione pittorica a cui dà il nome di Riflessismo e, nel 1944, sfollato con la famiglia a San Martino in Freddana, vicino a Lucca, affresca l’abside della chiesa del piccolo borgo con un’iconografia unica, in cui l’evento sacro è immerso in un paesaggio offeso dalle barbarie della guerra. Nel 1945 realizza due affreschi anche nella duecentesca chiesa romanica di Castagnori.
Stimolato anche dal Fronte Nuovo delle Arti, nel 1948, continua la sua personale ricerca, approdando a una nuova fase creativa che definirà Simbolismo Meccanico, in cui immagini tecnologiche si uniscono figure umane e a forme surreali con risultati di ambiguità visiva e di suggestione. Nello stesso tempo continua la sua produzione figurativa con paesaggi, ritratti e nature morte caratterizzate da un realismo fortemente espressivo.
Partecipa alle Biennali veneziane del 1942, 1948 e del 1950, a varie Quadriennali romane, a numerose edizioni del Premio di Pittura F. P. Michetti, alle più importanti mostre fiorentine e romane e alle più significative collettive di quegli anni.
Nel 1951 inizia a insegnare all’Istituto d’Arte Stagio Stagi di Pietrasanta e intraprende una parallela carriera di giornalista e scrittore.
Nel 1969 pubblica Giorni Neri, romanzo ambientato durante la lotta partigiana in Lucchesia, recentemente rieditato da La Nave di Teseo. 
Nel 1971 ottiene la Medaglia d’oro al Salon Babylon di Parigi per le opere del Simbolismo Meccanico, una cui selezione sarà poi esposta al Palazzo dei Diamanti a Ferrara nel 1982, in una mostra interamente dedicata a questo periodo. Negli anni Ottanta la sua pittura ritorna alla rappresentazione della sua terra, alle darsene laboriose, alle marine e ai nudi sulla spiaggia, senza abbandonare sperimentazioni di originale ricerca pittorica; è del 1981 la grande personale a Palazzo Strozzi di Firenze, con oltre 250 opere firmate Alfredo Catarsini in mostra e poi le personali al Museo del Risorgimento a Miliano, a Torino a Parigi.
Personalità colta, sensibile e vitale, l’Artista continua a dipingere, disegnare, scrivere ed esporre fino alla sua scomparsa, avvenuta il 28 marzo del 1993.

ALFREDO CATARSINI, IL BATTESIMO NEL VINO E L’ELISIR DI LUNGA VITA

Per i sette fratelli Catarsini, tutti longevi, era un vanto dire che il merito della loro buona salute stava nel fatto che erano stati tutti battezzati immersi nella tinozza di vino. Il loro padre commerciava in vino e quella era un’abitudine familiare.
In effetti la buona salute li ha sempre accompagnati e Alfredo, nato nel 1899, fino a 92 anni andava ancora in bicicletta con disinvoltura. Solo a 93 anni ha abbandonato la sua fedele bicicletta che chiamava “Isotta Fraschini”, limitandosi a fare brevi percorsi a piedi senza però smettere di leggere, scrivere e disegnare fino al 28 marzo del 1993 quando ha chiuso per sempre i suoi occhi curiosi e attenti al mondo.
La prestanza fisica e la resistenza del suo corpo rimasto sempre longilineo erano in parte genetiche, ma sono state coltivate con costanza per tutta la vita. Catarsini conosceva il corpo umano dal punto di vista anatomico e fisiologico, interessandosi alla sua complessità. Era convinto che, con il suo movimento, il corpo sollecitasse anche il pensiero e che l’esercizio fisico fosse il supporto alla creazione artistica, letteraria e filosofica.
Anche da anziano, la mattina faceva ginnastica con esercizi inventati da lui e mai raccontati a nessuno; poi una veloce colazione e subito al lavoro, perché non poteva passare un giorno senza aver disegnato o scritto qualcosa, facendo suo il detto di Plinio il Vecchio: nulla dies sine linea.
La prima tappa era raggiungere l’atelier che si trovava e si trova ancora a due chilometri dalla sua abitazione. Secondo il clima vi si recava a piedi o con l’amata bicicletta; nelle giornate più fredde o più calde dell’anno lavorava anche a casa. Qui lavorava in solitudine ma qui anche riceveva amici, colleghi, estimatori. Però all’ingresso aveva posto una iscrizione: Chi entra mi onora, chi non entra mi fa un piacere ; un chiaro monito per scoraggiare chi andava a fargli perdere tempo. Ecco, dava molta importanza al tempo, lo impiegava con consapevolezza, lo dedicava a se stesso e agli altri e, naturalmente alla sua Arte vera affascinante amica, ma non voleva sprecarlo.
Spesso lo si vedeva in giro per le darsene a disegnare dal vero, imprimendosi nella memoria colori e atmosfere che poi sviluppava con calma sulle tele. Era solito lavorare a più opere contemporaneamente, magari mentre stava dipingendo una darsena lasciava la tela per iniziarne un’altra con un nudo, oppure con figure fantastiche o ingranaggi meccanici. Soleva dire: l’oggetto è un pretesto per fare arte e non esiste il problema di passare dall’astrattismo al figurativo o viceversa, per l’artista è lo stesso, basta avere fantasia.
Dopo il pranzo, che era il pasto più importante della giornata, continuava a lavorare o incontrava altri artisti, frequentava circoli e caffè, teneva o ascoltava conferenze, ma mai la sera. Alle 19,30 la sua giornata era finita e alle 21.00 era già a letto.
A Viareggio tutto cambia in estate e anche Alfredo Catarsini modificava le proprie abitudini: al mattino molto presto, con la fedele bicicletta, andava all’atelier, dove vi restava fino alle 10.30: dopo sarebbe stato troppo caldo per poter lavorare. La tappa seguente era il mare, a Lido di Camaiore, dove camminava con l’acqua fino alle ginocchia per vari chilometri, prendeva il sole, chiacchierava e disegnava. Dopo il pranzo in un albergo vicino allo stabilimento balneare, tornava a casa per un riposino e lì restava continuando il suo lavoro; solo raramente usciva per cose che lo interessavano. L’unico suo vizio in gioventù fu il fumo; dalle poche sigarette poi passò alla pipa, più per tenerla in bocca, spenta, che per fumarla, perché gli faceva compagnia. Però un giorno, mentre si stava facendo un autoritratto, proprio a causa della pipa si accorse che la sua espressione stava cambiando, che la bocca si storceva; a quel punto se ne liberò senza rimpianti.
Insomma, i vizi di Catarsini furono quanto di più lontano dalla vita spesso turbolenta e sregolata degli artisti si possa immaginare.
Cercava sempre di mantenere i suoi ritmi, ma fece eccezione per lo sbarco dell’uomo sulla Luna rimanendo sveglio tutta la notte in attesa dell’emozionante traguardo di quell’impresa e con l’entusiasmo di chi è nato con i lumi a petrolio e che in 60 anni ha visto l’inarrestabile progresso scientifico e tecnologico modificare gli stili di vita in ogni campo.
Fu senz’altro questa vita regolata, questa attenzione al corpo e alla mente, che gli permise di superare i 90 anni, viaggiando anche da solo, dipingendo, scrivendo, mantenendo attenzione e lucidità mentale fino alle sue ultime ore.